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Jan 2, 2006 22:59:03 GMT 1
Post by do on Jan 2, 2006 22:59:03 GMT 1
Fino al 12 febbraio 2006 a Palazzo Ducale, Genova.
Mostra “Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea”. L’esposizione, dedicata al bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini (Genova 1805-Pisa 1872), presenta due grandi scuole della pittura dell’Ottocento attraverso il gusto critico del celebre genovese. Uomo di profonda cultura, Mazzini fu sempre persuaso che, per creare una vera nazione, oltre che rinnovare la società e le coscienze, fosse necessario unire anche culturalmente la thingyola. Era convinto che, in questo grandioso disegno, l’arte potesse svolgere un ruolo fondamentale. Soprattutto la grande pittura che era sempre stata un vanto e un forte motivo di identità storica per gli italiani. In particolare vedeva nel Romanticismo il movimento che aveva saputo dare un’espressione agli ideali del secolo, un’arte che si faceva interprete delle aspirazioni del popolo. Ecco quindi presenti in mostra i protagonisti del Romanticismo quali Canova, Hayez, Camuccini, Sabatelli, Bezzuoli, Molteni, Migliara e molti altri. Nella seconda parte della mostra sono invece esposti i dipinti dei Macchiaioli, pittori rivoluzionari ispirati ai principi democratici e repubblicani mazziniani che volevano gettare, attraverso un’arte assoluta-mente diversa, le basi di una società nuova. Elaborarono, quindi, una pittura alternativa rispetto a quella romantica, dove il messaggio veniva affidato non più ai procedimenti narrativi o ad espedienti melodrammatici, ma alle forme e al colore, come poi negli Impressionisti. I capolavori di Fattori, Signorini, Abbati, Borrani, Cecioni e Lega documentano nella mostra l’influenza del pensiero e degli ideali mazziniani in questi artisti.
L’esposizione si potrà visitare fino al 12 febbraio del 2006. Orario: 9-19 tutti i giorni escluso il lunedì.
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Jan 16, 2006 23:05:37 GMT 1
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Cowparade, la mostra più spettacolare al mondo e più lunga come durata (é partita da Zurigo nel 1998), si é impossessata delle strade e delle piazze di Firenze e vi rimarrà fino alla fine di gennaio. Create con calchi di vetroresina da 50 artisti, le mucche sono state dipinte e vestite con abiti legati alla finalità benefica del loro vagabondare: il 21 febbraio, infatti, verranno battute all'asta da Sotheby's e il ricavato andrà all'ospedale psichiatrico Meyer di Firenze, in via di trasferimento nella nuova sede.
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Jan 22, 2006 21:03:20 GMT 1
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I marmi della domus imperiale del Gianicolo a Palazzo Altemps a Roma. Fino al 16 Aprile. Catalogo Electa
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Jan 22, 2006 21:05:15 GMT 1
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150 opere del maestro degli impressionisti francesi dell'Ottocento al Complesso del Vittoriano a Roma. Fino al 5 febbraio. Catalogo Skira
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Jan 22, 2006 21:06:54 GMT 1
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Mar 7, 2006 8:55:24 GMT 1
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La mostra testimonia i 30 anni di impegno della Cooperazione italiana nel mondo e il ruolo delle organizzazioni non governative, delle istituzioni e delle Università. Fotografie, video e manufatti provenienti da tutto il mondo.
Fino al 24 marzo al Salone Centrale e Sala Giubileo, Complesso del Vittoriano, Roma
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Mar 7, 2006 8:56:21 GMT 1
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Mostra dedicata ad Amedeo Modigliani che conta un centinaio di opere tra disegni, oli e sculture, realizzati tra il 1906 e il 1920.
Fino al 20 giugno ai Fori Imperiali, Roma
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Mar 7, 2006 8:57:27 GMT 1
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Alla Triennale di Milano è in corso la mostra Artesto, nata dalla collaborazione di Nokia con intellettuali, musicisti e artisti visivi. L’idea è quella di trasformare il cellulare in uno strumento di sperimentazione artistica come nuovo canale espressivo. Sono stati individuati da Mogol, Subsonica, Erri de Luca, Philippe Daverio, Alda Merini, alcuni messaggi-chiave scaturiti da stati d’animo, passione e sensibilità. Vi sono inoltre opere di Bianco-Valente, Botto&Bruno, Globalgroove, Studio Azzurro, ZimmerFrei, David Salle, Nam June Paik. Fino al 19 marzo. www.triennale.it
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Mar 29, 2006 19:26:50 GMT 1
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Capodimonte apre le sue porte al ritrattista della pop culture. Vip, star e celebs nelle immagini del grande fotografo di moda (e non solo). In mostra fino al 5 giugno
di Luca Lanzoni
Si intitola Vip - Very Important Portraits, l'importante mostra che il Museo di Capodimonte ha dedicato al grande e visionario fotografo di moda (e non solo) David LaChapelle. Nata come link contemporaneo alla mostra "Tiziano e il Ritratto di Corte da Raffaello ai Carracci", organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano col sostegno della Regione Campania intende illustrare il lavoro di questo artista del click soprattutto nell'ambito del ritratto, giocando con il parallelo, apparentemente ironico e irriverente, tra il genio italiano del cinquecento e l'estroso fotografo contemporaneo.
Forward from the past! Delineando un ideale trait d'union tra personaggi di ieri e di oggi, committenze del passato e i nomi più attuali dello star system. E così pontefici, aristocratici ed imperatori, ritratti da Tiziano nell'età della Rinascenza, diventano gli antecedenti dei v.i.p. del presente, della musica e della moda, che emergono dall'obiettivo di David LaChapelle, diventando vere icons della contemporaneità.
Personaggi come Hillary Clinton, Marilyn Manson, Matt Dillon, e tanti altri tutti ritratti in immagini allegoriche, tra kitsch e pop culture, tipically LaChapelle. Definito infatti dal "New York Time Magazine" "il Fellini della fotografia" LaChapelle è capace di fondere nelle sue fotografie (ora bizzarre, esuberanti, erotiche ed estreme, grottesche, impossibili ma sempre affascinanti e mai volgari) i linguaggi della pubblicità e del reportage fotografico, giocando coi contrasti, di situazioni e di colori.
In mostra - curatori Adriana Rispoli e Eugenio Viola - al Museo di Capodimonte, fino al 5 giugno 2006.
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Apr 7, 2006 20:44:53 GMT 1
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Collettiva di 4 giovani autori di opere multimediali. Stragapede & Perini, Via Filippetti 41, Milano Fino al 2 maggio
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Apr 7, 2006 20:45:49 GMT 1
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“Rotella e il cinema” è la mostra con cui si è inaugurata la nuova sede dello spazio espositivo Monte-Carlo Art Gallery in Via Bigli 11 a Milano. Un omaggio all’artista recentemente scomparso, ma anche un omaggio al cinema, raccontato nelle 16 opere esposte. Fino al 30 aprile
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Apr 7, 2006 20:46:36 GMT 1
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Tra pittura e fotografia, le opere della coppia inglese sono esposte alla Eyestorm Britart Milan Gallery di Via Santa Marta 3 a Milano. Fino al 6 maggio
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Jul 18, 2006 17:31:31 GMT 1
Post by do on Jul 18, 2006 17:31:31 GMT 1
“Pittore nella strada....due occhi in libertà che, come due farfalle si posano su paesaggi e persone. Ca c’est Folon.” Così scriveva Rafael Alberti. All’artista belga, nato a Bruxelles nel 1934 e morto a Roma nell’ottobre scorso è stata dedicata una mostra a Torino. C’era il Folon pittore, scultore e disegnatore. I soggetti? Viaggiatori anonimi, col cappello, goffi e smarriti che si guardano attorno in cerca di qualcosa o di qualcuno. Uno di essi, valigia a forma di uccello in mano, guarda fisso davanti a sé; un altro stende il braccio, apre il palmo per far posare un uccello (gli uccelli sono uno dei temi fissi di Folon. “Vorrei essere come loro. Volare sarebbe anche più pratico; invece di muovermi in aereo, treno, autobus o metrò...”) Si narra che egli, nel 1955, a 21 anni, “sulla strada di Parigi, s’imbatte in una casetta da giardiniere, a Bougival, nei dintorni della capitale, e vi si ferma per cinque anni, disegnando tutti i giorni”. E continuerà a disegnare per tutta la vita. Una fantasia senza limiti, un’invenzione continua.
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Oct 10, 2006 18:10:37 GMT 1
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The Jean-Michel Basquiat Show. A cura di: Gianni Mercurio La Triennale di Milano Viale Alemagna, 6 - 20121 Milano. Dal 20 settembre 2006 al 28 gennaio 2007 Tutti i giorni dalle 10.30 alle 20.30 - lunedì chiuso - Biglietto: Intero - 8,00 Euro Per informazioni: 02.724341 - info@triennale.it Biglietteria: 02.72434208 Catalogo: Skira
Ottanta dipinti, trenta disegni, una ricca sezione fotografica e video inediti. Un'occasione per riflettere seriamente sull’opera di un artista troppo spesso liquidato con etichette e analisi superficiali...
Jean Michel Basquiat (New York, 1960-1988) non era il “Picasso nero” e neppure l’“Eddy Murphy” della pittura: i diversi tentativi della critica americana e internazionale di esaltarlo o molto più spesso denigrarlo non gli impedirono di lasciare il segno in un decennio e in una città carichi di contraddizioni, illusioni e potenzialità. Ora, forse, è arrivato il momento di restituire a questo grande artista quella credibilità e quella legittimazione troppo spesso offuscate dall’attenzione morbosa rivolta alla sua tragica vita. Il cliché dell’artista maledetto, destinato a un’inevitabile morte –seguito alla lettera nella mediocre pellicola dedicatagli dal pittore-regista Julian Schnabel nel 1996– non è più sufficiente per spiegare una figura tanto affascinante e complessa. Per farlo si deve ripercorrere attentamente la sua breve biografia ed evidenziarne alcuni momenti fondamentali per la sua formazione. Come l’incidente del 1968, quando a soli otto anni fu investito da un’automobile e gli fu asportata la milza. Fu in questa occasione che la madre Matilde gli regalò il manuale di anatomia Gray’s Anatomy che segnerà profondamente il suo immaginario di bambino, riproponendosi poi nei suoi quadri sottoforma di simboli e segni. Oppure il periodo trascorso, a partire dal 1977, alla City As School, istituto per bambini potenzialmente molto dotati ma con problemi comportamentali, dove con l’amico Al Diaz inventò il logo Samo –acronimo incompleto di “Same Old nuts”- con il quale firmerà i suoi graffiti sulle pareti di Manhattan. Proprio per mostrare il percorso completo dell’artista, viene proposta in Triennale una serie di inchiostri su carta firmati Samo, che mostrano da una parte una creatività già molto sviluppata e dall’altra l’intento dissacratorio, di matrice dada, nei confronti di una società che aveva iniziato a metterlo ai margini.
Nel 1979, tuttavia, sui muri di Soho comparve la scritta “Samo is dead”. Inizia, così, la scalata al successo di Basquiat, agevolata anche dai numerosi incontri con galleristi, critici, artisti che affollavano i locali di tendenza della città. Risalgono a questo periodo le amicizie con Keith Haring, Kenny Sharf, Vincent Gallo, Diego Cortez e Renè Ricard, che sul numero di dicembre del 1981 di Artforum pubblica il famoso saggio The Radiant Child, contribuendo a far crescere l’interesse nei suoi confronti. Le prime opere mostrano uno spiccato interesse verso la vita delle metropoli: incidenti automobilistici, grattacieli e aerei vengono riprodotti sulla tela attraverso disegni infantili, appena abbozzati, arricchiti da abbinamenti cromatici violenti e mai casuali. Opere che non possono non far pensare all’iconografia deforme, malinconica e primitiva di Jean Dubuffet o alla fase più violenta e espressionista di Karel Appel e del “Gruppo Cobra”. Diventa facile, così, individuare sulle pareti dell’esposizione milanesi sia le tematiche che ossessionarono Basquiat, sia i richiami formali alla storia dell’arte: la morte, rappresentata attraverso i teschi, le croci, le parole, il razzismo della società americana raccontato attraverso la celebrazione dei suoi eroi neri –Charlie Parker, Miles Davis, Cassius Clay, Malcom X e Martin Luther King– e il mondo dell’arte, popolato da sanguisughe (leeches) e pulci (fleas)- parole che compaiono spesso sui suoi dipinti. I lavori dal 1982 al 1984 mostrano rapporti tutt’altro che forzati con il lavoro di Cy Twombly, non solo nella combinazione di testo e immagine, ma anche nella spontaneità del gesto pittorico. Da sottolineare anche l’interesse di Basquiat per i disegni rupestri africani e per simboli, segni e loghi raccolti nel libro di Henry Dreyfuss del 1972 Symbol Sourcebook. La mostra analizza anche il rapporto tra Samo e Andy Warhol attraverso una delle “Collaborations” del 1984 che evidenzia ancora una volta quanto fossero distanti gli universi creativi dei due e quanto male si integrassero fra loro.
La sezione conclusiva, infine, offre un Basquiat sempre più svuotato: i suoi lavori sono incompleti e il suo legame con la realtà appare un ricordo. A cornice e a supporto dell’intera mostra, inoltre, si trovano i vari contributi fotografici che mostrano i bellissimi scatti di Edo Bertoglio, Bobby Grossman, Lizze Himmel e Maripol.
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Oct 10, 2006 18:24:39 GMT 1
Post by do on Oct 10, 2006 18:24:39 GMT 1
Finalmente anche la bella e brava Vanessa Beecroft (Genova, 1969; vive a Long Island, NY) può vantare la sua conversione religiosa. Una sorpresa inaspettata per i fedelissimi, abituati a vederla far sfilare sulla passerella dell'arte ondate di fascino gracile ed effimero. Una conferma invece per chi aveva sempre sottolineato il ruolo sociale dell'artista. Anche dove a volte sfuggiva. Anche dove spesso non c'era. Così la genovese a New York, che insieme a Maurizio Cattelan ha saputo varcare l'Oceano e colpire al cuore gli americani, è arrivata a un punto chiave della sua carriera. Quello della svolta. Il momento più difficile della vita, dopo una giovinezza di successi, più o meno chiacchierati. Sta di fatto che Vanessa sa che ha teso la corda, sa che la sovrabbondanza di suoi pezzi sul mercato, con tanto di tirature pirotecniche, ha bisogno di essere legittimata. Il punto è garantirsi una nuova ricetta felice. È una vecchia storia: gli ex-conservatori diventano ribelli, gli ex-ribelli diventano conservatori. L'attore comico, raggiunti i 40 anni d'età, cerca il ruolo drammatico. Il comunista si trasforma in reazionario. E l'artista? In questo caso invoca Dio, i problemi del Terzo Mondo e un fantomatico viaggio in Sudan, dove pare abbia riscoperto sé stessa. Aria fritta altoborghese, insomma. United Colors of Benetton. Ecco, quindi sfilare dinanzi allo spettatore una sequenza di scatti che vedono la Beecroft indossare i panni della Vergine Santissima, allattando due bimbi neri al seno diafano. Ecco corpi statuari di modelli sudanesi crocifissi alla crudeltà del mondo. Abiti esotici. Volti che implorano un riscatto sociale. Madonne fulve e San Giuseppe di colore. Tutti incorniciati all'interno di immagini perfette, attraenti. Dalla composizione straordinariamente corretta e i colori smaglianti. Che si posano con dolcezza su pelli prive di asperità. Visi che tradiscono ben pochi pasti saltati. Non c'è infatti posto per la bruttezza nella poetica di Beecroft, benché nelle sue opere si parli di povertà e di Terzo Mondo. Ora l'arte saprà anche trovare mille scuse a questo esasperato sfoggio di retorica (che poteva aver senso quindici anni fa, griffato Oliviero Toscani). La critica schierata dirà che il contrasto tra soggetto e modalità di esecuzione è un atto voluto, al fine di disturbare lo spettatore e stimolarne il pensiero. Il punto, invece, è un altro. Nel 1999, quando il momento della deposizione delle armi volgeva al termine e la società incubava l'11 settembre, mentre Vanessa ancora faceva sfilare le sue modelle, la drammaturga inglese Sarah Kane scriveva 4.48 Psychosis. Pochi istanti dopo si toglieva la vita. Si trattava di un atto estremo, ma che segnava la fine di un modo di fare teatro e il declino di un talento artistico. Marsellus Wallace, tra i personaggi chiave di Pulp Fiction, diretto nel 1994 da Quentin Tarantino, ammoniva il pugile Butch: prima o poi il talento perde i colpi. Anche Vanessa corre questo rischio. Se la serietà di un'opera d'arte si percepisce dalla forza del suo rapporto con la Morte, tra l'ultima serie della Beecroft e la Nera Signora esiste un gap profondissimo. Non è sufficiente toccare determinati argomenti, nevralgici per l'Occidente, per raccontare la sofferenza. Né la perfezione stilistica può supplire ai contenuti. Talvolta, in fin dei conti, nemmeno con gli ingredienti giusti si confezionano buone torte.
Dal 22.09.2006 al 22.11.2006 - Vanessa Beecroft Galleria Lia Rumma Milano , Via Solferino, 44 – Milano (Moscova) Orario galleria: dal martedi' al sabato, dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00 - liarumma@tin.it - tel 02 29000101
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