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Oct 10, 2006 18:27:15 GMT 1
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fino al 24.IX.2006 Superstar. 99 miti del ‘900 Milano, Palazzo Reale
A Palazzo Reale a Milano una grande rassegna fotografica ripropone gli eroi, le icone e i personaggi mitici del Novecento. Novantanove immagini uniche e inconfondibili. Stampate nella memoria collettiva...
Ugo Volli, professore di semiotica a Torino e saggista di successo per molti giornali nazionali, ci presenta una mostra allegra e stimolante, che vuole far ricordare e riflettere sul secolo appena concluso. Il Novecento viene indagato attraverso le fotografie dei suoi personaggi cardine appartenenti al mondo della politica, della cultura, della scienza, della moda e dello spettacolo. Figure che hanno fatto epoca, che hanno cambiato il mondo, lasciando un marchio indelebile. Miti, che come gli antichi dei dell’epoca classica, sono osannati o criticati da molti. Con l’aggiunta di essere sempre più conosciuti in ogni angolo del mondo grazie al proliferare delle tecnologie di comunicazione di massa. Il concept della mostra punta ad un reportage documentaristico e didascalico, con fotografie accompagnate da emblematiche e rappresentative citazioni. Non una mostra d’arte in senso stretto, quindi. Tuttavia, ogni immagine regala valore estetico ed artistico per la qualità dello scatto, che coglie l’intima essenza di ogni personaggio intrappolato tra l’io personale e la maschera sociale o spettacolare che si è abituato a portare. Bastino solamente alcuni dei nomi ritratti: Bob Dylan, Virginia Woolf, i Beatles, Picasso, Toscanini… In un continuo deja vu moltiplicato 99. La mostra si articola in diverse sezioni, che dividono in generi le 99 foto. Ecco quindi l’area dedicata al genio, legato indissolubilmente alla follia e alla caricatura. Ecco l’ironia dei comici che sovvertono il potere, la santità dei grandi uomini di fede, il potere dei politici, la seduzione dei bellissimi, la sovversione d ei giovani rivoluzionari e il divertimento dello spettacolo, tanto amato e clamorosamente diffuso nel Novecento. Non mancano poi foto trasversali, che potrebbero essere inquadrate in più generi. L’esposizione rientra nel progetto Estate Fotografia Milano 2006 che comprende anche altri eventi a Palazzo Reale, al Pac e al Castello Sforzesco. A Palazzo Reale la mostra I piaceri dell’occhio. Fotografie di Marc Riboud è dedicata ai suoi numerosi viaggi in particolare in Cina, Africa e al “pittore della Tour Eiffel”; dal 12 luglio il Pac ospita Off Broadway sul famoso quartiere di New York, mentre il Castello Sforzesco presenta Ex-Fabrica. Identità e mutamenti ai confini della metropoli, basata sulla storia e i mutamenti dei centri industriali di Sesto San Giovanni, Pero, Bovisa.
Superstar. 99 miti del ‘900 - Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano dal 22 giugno al 24 settembre 2006 - Orari: martedì-domenica: 9:30-20:00 giovedì 9:30-22:30 lunedì chiuso la biglietteria chiude un’ora prima
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Oct 10, 2006 18:46:29 GMT 1
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Prima tappa della mostra organizzata a Palazzo Braschi è Omaggio a Roma, un concentrato di momenti di grande freschezza -autentici guizzi di ingenuità- che il grande Henri Cartier-Bresson (1908-2004) inquadrò a Roma nei suoi ripetuti soggiorni del 1951, 1958 e 1959. La foto rubata del parrucchiere dietro il vetro della sua bottega, la bambina nel quadrato di luce del cortile, l’elezione di Papa Giovanni XXIII, il gruppo di prelati in contemplazione di opere d’arte alla Galleria Borghese, il venditore di fiori, il macellaio… Attraversa anche i luoghi meno scontati della città, Cartier-Bresson, con la macchina fotografica al collo. Perciò tra gli scatti oltre ai vicoli con i panni stesi, ci sono i palazzoni di periferia -frutto dell’edilizia popolare postbellica- come pure i vialetti del cimitero Verano dove può capitare di imbattersi in un prete, seduto su una panchina, tutto assorto nella lettura. “Si devono fare fotografie con il più grande rispetto per il soggetto e per se stessi”, sosteneva il fotografo francese. “Fare fotografie è trattenere il respiro quando tutte le proprie facoltà convergono di fronte alla realtà che fugge. È il momento che eseguire alla perfezione un’immagine diventa una grande gioia fisica e intellettuale.” Seguono, quei ritratti straordinari -molti sono vintage (in mostra anche una bella sezione documentaria con lettere, riviste dell’epoca, tra cui un’edizione di Harper’s Bazar del 1945)- di personaggi fra i più significativi del Novecento: da Simone de Beauvoir, fotografata in Rue Schoelcher a Parigi nel 1947 a Truman Capote a New Orleans nello stesso anno. E, ancora: Marilyn Monroe sul set del film Gli spostati (1960), Coco Chanel nel 1964, Ezra Pound a Venezia nel 1971, Colette nella sua casa parigina con la governante (1952).
Tra loro anche il volto della portiera, che Cartier-Bresson intitola La mia signora portiera, Parigi 1945. Non mancano poi gli amici artisti -Breton, Mirò, Matisse, Braque, Picasso, Bonnard- molti dei quali conosciuti ai tempi della sua formazione artistica. Tra il 1927-28, infatti, Cartier-Bresson aveva studiato pittura nello studio di André Lhote. Più tardi frequentò con entusiasmo gli esponenti del surrealismo e, tra il 1936-39, lavorò come assistente alla regia di Jean Renoir. Fin dal suo esordio, alla fine degli anni Venti, le sue fotografie sono sempre state caratterizzate da un’apparente casualità, frutto non di improvvisazione, ma di una costruzione visiva precisa ed equilibrata. La sua grandezza è stata quella di saper cogliere l’“irrealtà del reale”, come l’ha definita lo storico della fotografia Beaumont Newhall. “Concentrazione, sensibilità, senso geometrico”: questi erano gli ingredienti fondamentali del suo lavoro. Un lavoro che, come sappiamo, l’ha portato in giro per il mondo (tra l’altro è stato il primo fotoreporter occidentale ad entrare in Russia nel 1954 e in Cina nel 1958-59) e a dar vita a New York nel 1947 all’agenzia cooperativa Magnum Photos, insieme a Robert Capa, David Seymour, William Vandivert e George Rodger. A completare la mostra anche la proiezione del film Flagrant delits (1967) di Robert Delpire, amico-editore da sempre di Cartier-Bresson e la pubblicazione Un silenzio interiore. I ritratti di Henri Cartier-Bresson, con testi di Agnès Sire e Jean-Luc Nancy, edito in Itala da Contrasto.
Henri Cartier-Bresson. Omaggio a Roma - Ritratti Roma, Museo di Roma-Palazzo Braschi Piazza San Pantaleo, 10 (piazza Navona – Governo Vecchio) Orario mart.-dom. 9-19 (chiuso lun.)
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Oct 13, 2006 19:42:02 GMT 1
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A Milano fino al 14/1/2007" Lo Chagall, mistico e aereo, e il Mirò, tellurico e materialista, trovano l'occasione - grazie alla Fondazione Mazzotta - di un dialogo fatto di opposti e somiglianze. Sono le facezie delle linee e dei colori uniformi ad attribuire movimento alle loro opere grafiche. I due artisti testimoniano con genio incomparabile l'agitarsi della vita." (Dominique Païni, dal testo in catalogo Invenzione e riproduzione) La mostra Marc Chagall-Joan Miró. Magia, grafia, colore, pensata appositamente per gli spazi della Fondazione da Dominique Païni, presenta una selezione raffinatissima e inedita per l'Italia di opere grafiche di Marc Chagall e Joan Miró. Chagall (Vitebsk 1887 - Sant Paul de Vence 1985) si dedicò all'opera incisoria a partire dal 1922. All'età di trentacinque anni era riconosciuto come un artista eccezionale che aveva già eseguito quadri, sia in Francia sia in Russia, che figurano tra i più grandi capolavori della pittura del XX secolo. Non era dunque un principiante ma un uomo nel pieno possesso dei suoi mezzi espressivi che a Berlino, su richiesta dell'editore Paul Cassirer, iniziò alcune tavole destinate all'illustrazione di Ma vie, testo autobiografico che il pittore aveva appena terminato di scrivere. Per Mirò (Montroig-Barcellona, 1893 - Palma di Maiorca, 1983) gli anni 1949 - 1951 furono caratterizzati da una grande produttività e dall'approfondimento delle tecniche grafiche. Alternò due tipi di pittura, una più riflessiva e approfondita, che chiamò "poussée" e l'altra più spontanea e impulsiva. Si dedicò intensivamente alla grafica con le 90 litografie a colori stampate presso Fernand Mourlot per Parler seul di Tristan Tzara, e À toute épreuve, illustrazioni per il poema di Paul Eluard, edite da Gérard Cramer (che usciranno solo nel 1958). Il percorso espositivo induce a confrontare i diversi esiti dell'esplorazione del subconscio che Marc Chagall e Joan Miró seppero illustrare con totale libertà immaginativa attribuendo alle loro opere una dimensione onirica e poetica. A tal fine sono state selezionate per la mostra 59 litografie a colori di Marc Chagall, un monotipo e una gouache realizzate negli anni '50 e '60, oltre a uno straordinario paravento del 1963 e l'acquarello Les amoureux dello stesso anno. Circa 90 tra acqueforti, acquatinte, litografie a colori di Miró, realizzate tra il 1938 e il 1968, fanno da contrappunto al mondo fiabesco di Chagall. Tra esse alcuni cicli significativi come "Série noire er rouge" (1938) e la "Série de Barcelone" (1944), ma anche litografie di grandi dimensioni come La conversation del 1969 e La demoiselle aux papillons (1971), acqueforti e acquetinte colorate come la Galathée IV (1976) e L'aigrette rouge (1976). Dominique Païni ha voluto accostare per la prima volta questi due artisti che hanno sperimentato l'arte incisoria in tutte le sue complessità e varianti. Nelle loro opere segno e colore si fondono dando nuovo impeto alla loro produzione artistica. Nel catalano Miró si nota una libertà estrema nell'utilizzo del suo repertorio grafico di linee, segni e macchie da cui emergono lo spirito ludico e tutte le suggestioni e invenzioni derivate dal surrealismo. La produzione incisoria di Chagall è conosciuta dal grande pubblico, basti ricordare le Anime morte, le Favole di La Fontaine, la Bibbia. Negli anni del dopoguerra l'artista incominciò però ad utilizzare il colore, che lo aiutò a trasmettere i suoi pensieri. La Torre Eiffel, La Bastiglia, Le Panthéon, ma anche i mostri di Notre-Dame, gli acrobati e i clown, il gallo, il centauro, la luna... sono i temi delle sue grafiche, esposte in mostra, in cui si nota lo stesso clima onirico e spirituale dei dipinti. Il catalogo, edito da Mazzotta, oltre a riprodurre a colori tutte le opere esposte comprende i testi di Dominique Païni, Joan Texidor, Charles Sorlier e le biografie a cura di Tulliola Sparagni e Raffaella Resch. Catalogo per ragazzi a cura di Gina Abbati dal titolo, "CHAGALL e MIRÒ. Nel giardino dei colori". Marc Chagall-Joan Miró. Magia, grafia, colore A Milano dal 12/10 al 14/1/2007 Fondazione Antonio Mazzotta - Foro Buonaparte 50 ORARIO: 10.00-19.30; martedì e giovedì 10.00-22.30. Segue il normale orario nei giorni: mercoledì 1/11, venerdì 8/12. Con orario ridotto: giovedì 7/12 (10.00-19.30); domenica 24 (ore 10.00-1.00); chiusa lunedì 25/12; martedì 26/12 (10.00-17.00); domenica 31/12 (10.00-17.00); lunedì 1/1/07 (11.00-19.30); sabato 6/1/07 (10.00-19.30) INGRESSO: intero € 8,00; ridotti € 5,50/4,50. Gratuito nella giornata del 14 ottobre dalle 12.00 alle 24.00 INFORMAZIONI: tel. 02.878197 fax 02.8693046 - informazioni@mazzotta.it - www.mazzotta.it
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Oct 13, 2006 19:45:02 GMT 1
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A Rovereto fino all'8/1/2007" L'arte non può essere moderna, perché è eterna" Egon Schiele. La mostra Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesi presenta oltre 120 opere provenienti dall'Österreichische Galerie Belvedere di Vienna e altri prestigiosi musei austriaci e tedeschi, fra dipinti, disegni e sculture, molti dei quali mai esposti in Italia, per illustrare la vita e l'opera di Egon Schiele (1890 - 1918), uno dei più celebri esponenti della pittura espressionista. Egli morì nel 1918 a soli 28 anni, ma la sua pittura diventata "eterna" continua ad affascinare e incantare il pubblico, oggi come ieri. Un'occasione importante per approfondire il percorso pittorico del grande artista austriaco, ma anche per conoscere l'ambiente culturale della Vienna di inizio secolo scorso attraverso le opere di quel gruppo di artisti che, con Schiele, diedero vita al rinnovamento dell'arte moderna. Gustav Klimt (1862- 1918), amico e mentore, fu certamente una figura centrale, il perno dell'evoluzione artistica del giovane Schiele. Klimt fu il maestro, alla sua arte si ispirò così come presto se ne discostò abbandonando le linee ondulate e impreziosite da decorazioni auree e vegetali per raggiungere un più crudo realismo, aspro e duro, espresso soprattutto nei ritratti e nei corpi nudi. Egon Schiele frequentò l'Accademia d'Arti Figurative di Vienna, presto lasciata a causa dei contrasti con i suoi insegnanti. Nel 1909 fondò con quindici compagni di studio, tra cui Anton Faistauer e Robin Christian Andersen , il Gruppo Arte Nuova ( Neukunstgruppe). L'ambiente culturale in cui visse e lavorò il giovane Schiele, presentato in questa mostra, offre uno sguardo nuovo sulla sua opera, proponendo interessanti confronti e accostamenti con la produzione artistica dei suoi contemporanei. Furono i suoi amici, gli artisti dell'Avanguardia come Gustav Klimt, Oskar Kokoschka, Anton Faistauer, Anton Kolig, Carl Moll, Koloman Moser, Max Oppenheimer e Anton Peschka che lo accompagnarono lungo il percorso artistico che dallo Jugendstil giunse all'Espressionismo viennese. L'esposizione si conclude, infine, con una sezione dedicata alla 49° Mostra della Secessione Viennese del marzo 1918, occasione nella quale Egon Schiele, pochi mesi prima di morire di influenza spagnola, raggiunse un importante successo e riconoscimento di critica. In Trentino, in quegli anni, proprio per la sua appartenenza all'area mitteleuropea, si vissero e si respirarono i fermenti culturali che fortemente "scorrevano" in quei luoghi, e vivace fu lo scambio con la cultura artistica viennese. La mostra " Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesi" trova, oggi, al Mart di Rovereto il suo ambiente ideale. Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesiA Rovereto dal 7/10 all'8/1/2007 MartRovereto - Corso Bettini, 43 ORARIO: lun-dom. 10.00-18.00 ven 10.00-21.00 INGRESSO: intero € 8,00 - ridotto € 5,00 - gratuito fino a 14 anni - scolaresche € 1,00 per studente - biglietto famiglia (valido per tutti i componenti di un nucleo famigliare) € 20,00 - gratuito per gli Amici del Museo INFORMAZIONI: numero verde 800 397 760 tel. 0464 438 887 - info@mart.trento.it - www.mart.trento.it
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Oct 13, 2006 19:46:26 GMT 1
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A Bari dal 7/10 al 15/11/2006
Le sale del Castello Svevo accolgono una grande mostra composta da 100 tavole originali e litografie di Pablo Picasso (1881-1973). Le tavole sono tratte dai suoi più importanti 'libri d'artista' come Le Metamorphoses di Ovidio (1931), Le chef d'oeuvre inconnu di Honoré di Balzac (1931), l'Histoire naturelle di Buffon (1942), Dos Contes di Reventós (1947), Dans l'atelier de Picasso di Sebartés (1957), stampati dai più rinomati editori d'arte del '900, come Ambroise Vollard, Tériade e Albert Skira. Le opere grafiche, nate come illustrazioni a testi scritti non sono da considerarsi come opere minori dell'artista, quanto un'importante componente della sua poliedrica attività creativa. D'altro canto lo stesso Picasso apprezzava l'etichetta di "ilustrador-pintor". Artisticamente compiuti e assolutamente autonomi rispetto alla narrazione contenuta nei libri, questi fogli, oltre a rivelare il lavoro e l'interesse di Picasso nell'ambito dell'editoria, testimoniano la sua evoluzione e la sua sperimentazione artistica nel campo della grafica, lungo un periodo di oltre quarant'anni. Amico di poeti e letterati, Picasso illustrò molti libri di scrittori suoi amici, quali Max Jacob, Tristan Tzara, Paul Eluard, Jean Cocteau, ma senza dimenticare i capisaldi della letteratura classica. È certo che molte delle sue creazioni nacquero da complicità con gli autori, da sperimentazioni congiunte, dove letteratura e pittura si fondono inscindibilmente. Le tavole esposte rappresentano un compendio assai esemplificativo delle tematiche più proprie dell'artista spagnolo, dalla mitologia all'erotismo, dalla creazione artistica alla tauromachia, ed esprimono un'intensa forza emotiva, nata dalle sue inquietudini intellettuali generate da un immaginario fantastico. La mostra mette in evidenza il Picasso grafico, straordinario sperimentatore (l'acquatinta, la puntasecca, il bulino, la xilografia) che spesso stampava da sé le sue opere, e presenta al pubblico un maestro del segno che produsse nella sua vita più di 2500 incisioni (la prima fu eseguita a Barcellona nel 1899) con una passione e una abilità tecnica tali da far apparire al confronto l'attività pittorica quasi accessoria. Egli si affermò come il maggiore incisore del XX secolo, il primo, il più originale, il più innovativo nei contenuti e nelle tecniche. La sua produzione grafica si snoda infatti in un percorso parallelo rispetto a quello pittorico, ispirando talvolta anticipazioni di soluzioni formali e tecniche che la maggior duttilità espressiva del mezzo grafico gli permetteva di mettere in atto prima che in pittura. Accompagna l'esposizione un catalogo, edito da Skira, con testi di Elena Pontiggia e Michele Tavola.
Picasso illustratore A Bari dal 7/10 al 15/11/2006 Castello Svevo - Piazza Federico II di Svevia ORARI: 10.00 - 19.00; mercoledì chiuso INGRESSO: € 3,00 INFORMAZIONI: tel. 080.5286219
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Oct 13, 2006 19:48:29 GMT 1
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A Milano dal 5/10 al 14/1/2007Pittrice cosmopolita e icona dell'Art Déco, Tamara de Lempicka ha creato immagini che sono diventate il simbolo di un'epoca, "i folli" anni Venti e Trenta, di cui diventa la più brillante interprete, introducendo nei suoi dipinti i simboli della modernità e rappresentando la donna emancipata, libera, indipendente e trasgressiva. La mostra ripercorre la carriera di questa affascinante artista polacca che visse in Russia, a Parigi, in Italia, per approdare poi negli Stati Uniti e passare gli ultimi anni della sua vita in Messico. Attraverso una meditata scelta di opere pittoriche, ma anche di disegni, documenti, fotografie, immagini di repertorio, viene ricreata l'atmosfera del tempo, i grandi eventi storici, ma anche le tendenze dell'arte a lei contemporanea, in un percorso che consente al visitatore di immergersi e di immedesimarsi nel mondo e nella vita dell'artista, piena di "glamour" ma segnata anche dai grandi eventi storici del Novecento. In virtù del costante parallelismo tra la vita e l'opera di Tamara, la mostra si apre evidenziando il momento della fuga dell'artista dalla Russia all'Europa. Tamara, già sposa di Tadeusz Lempicki, lascia San Pietroburgo, sotto l'assedio bolscevico, e inizia una nuova vita a Parigi. Qui, memore dell'arte russa di ispirazione cubista ed allieva di André Lhote, espone le sue prime opere già nel 1922. Tra i suoi primi ritratti, sono in mostra quello dedicato alla figlia Kizette, Portrait d'une fillette avec son ourson (1922), La bohémienne (1923), Danseuse russe(1923-1924). Appare già padrona del suo stile personale, caratterizzato da una forte deformazione e tendenza all'ingigantimento dei volumi, come nel ritratto Femme à la robe noire (1923). Il vero successo e il lancio internazionale avviene con la personale di Milano del 1925, presso la galleria del conte Castelbarco, ricostruita in mostra con alcuni esempi significativi, tra cui Portrait du Prince Eristoff (1925), Portrait du Marquis d'Affitto (1925), Portrait de la Duchesse de la Salle (1925), Les deux fillettes aux rubans (1925). La prima esposizione di Tamara a Milano avviene durante anni particolarmente importanti per l'arte italiana, in cui a dominare sono i protagonisti di "Novecento", come Felice Casorati, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Francesco Trombadori. Il legame della Lempicka con il nostro paese ha peraltro origini ancora più lontane che risalgono al 1911 quando, ancora fanciulla, visita i musei di Firenze, Roma, Venezia; nasce da allora la passione per l'arte italiana, in particolare per Botticelli, Raffaello e Pontormo, da cui riprende numerosi studi: disegni e schizzi di figure riutilizzate spesso in modo evidente in molte sue opere. Ma l'Italia è anche la scena di molti suoi amori: dal marchese Guido Sommi, del quale è in mostra un ritratto a figura intera mai esposto prima d'ora, al conte veneziano Vettor Marcello, ritratto nel 1933, a Gino Puglisi, importante collezionista di Tamara, al quale apparteneva la Vierge bleue, mai più esposta dal 1934, quando venne presentata al Salon des Tuileries. Sono poi presenti alcuni dei suoi famosi ritratti e nudi degli anni del suo massimo successo, tra cui La tunique rose (1927), Le rêve (1927), La belle Rafaela en vert (1927), Jeune fille aux gants (1930), acquistato dallo Stato francese già nel 1932, La musicienne (1929), Nu aux buildings (1929), Le téléphone 2 (1930), Nu aux voilers (1931), Arlette Boucard aux arums (1931), Portrait de Marjorie Ferry (1932), Portrait de Mademoiselle Poum Rachou (1934): ritratti unici nella geniale rappresentazione della società mondana durante gli anni tra le due guerre. Sono opere che raffigurano tutto ciò che era considerato glamour e che rappresentava "il nuovo": il telefono, le vedute urbane con grattacieli, le barche a vela dei lussuosi luoghi di villeggiatura. Le donne esprimono una sicurezza gelida e perfetta: le labbra con rossetto rosso profondo e prezioso, le mani immacolate, le braccia ricoperte da gioielli sfavillanti e gli sguardi sicuri e sfidanti, immagini vicine all'artificio e al perfezionismo della fotografia di moda. Nei suoi quadri, le figure quasi esplodono e tendono a fuoriuscire dalla tela, a pretendere una solidità che si contrappone all'effimero dei sentimenti; e l'artista ha dichiarato di aver quasi sempre ritratto gli uomini e le donne che ha amato. Le immagini oscillano così tra raffinata sensualità e gelido classicismo. Il contributo di Tamara de Lempicka alla pittura moderna viene inoltre esposto nel contesto della moda e del design degli anni Venti e Trenta; moda come parte integrante della sua arte, e lo dimostrano i suoi disegni di figurini, le pubblicità e le copertine delle riviste disegnate dall'artista; e pure della sua vita, come dimostrano le numerose foto in abbigliamenti alla moda e la frequentazione dei locali più moderni. Ma l'affermarsi delle dittature in Europa e la paura delle persecuzioni razziali (il padre di Tamara era ebreo, così come il suo secondo marito, il barone Raoul Kuffner), la fanno decidere nel 1939 per un nuovo espatrio, prima a Cuba e poi negli Stati Uniti, dove vive per un periodo in California, a Hollywood, e poi a New York. Sono gli anni in cui realizza opere dal carattere meditativo e dallo stile iperrealista: Atelier à la campagne (1941), Le turban orange II (1945), La Mexicaine (1947), Portrait de Kizette adulte I (1954), Femme au chapeau (1952), e le nature morte ispirate all'arte fiamminga. Tamara de LempickaA Milano dal 5/10 al 14/1/2007 Palazzo Reale - Piazza Duomo 12 ORARIO: da martedì a domenica 9.30-19.30 - giovedì 9.30-22.30 - lunedì chiuso - (chiusura biglietteria 18.30 - giovedì 21.30) INGRESSO: intero € 9,00 - ridotto € 7,50 - scuole € 4,50 - gruppi (minimo 20 persone) € 7,50 INFORMAZIONI: infoline tel. 02 54919 - orario call center lunedì - Venerdì ore 10.00-17.00 - www.ticket.it - www.tamaradelempicka.it - www. comune.milano.it/palazzoreale
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Oct 13, 2006 19:50:14 GMT 1
Post by do on Oct 13, 2006 19:50:14 GMT 1
A Milano fino al 21/1/2007 The Jean-Michel Basquiat Show si qualifica come una delle più vaste retrospettive sinora dedicate al grande artista americano, certamente la più importante mai realizzata in Europa; comprende circa ottanta dipinti e quaranta disegni. Una vasta documentazione fotografica e una sezione video, con molti materiali inediti, documenta il lavoro dell'artista e il contesto in cui è nata e si è sviluppata la sua arte: la New York degli anni Ottanta. La mostra è curata da Gianni Mercurio. Protagonista emblematico della scena newyorchese degli anni '80, Basquiat è uno degli artisti più popolari dei nostri tempi. Ancora oggi, a quasi venti anni dalla morte, avvenuta quando non era ancora ventottenne nell'agosto del 1988, i suoi lavori e il suo linguaggio continuano ad affascinare il pubblico di tutto il mondo. L'attività artistica di Basquiat prende forma nell'arco di una sola decade, dal 1978 al 1988. In questo breve periodo la sua febbrile attività lo ha portato a produrre una vasta mole di opere sempre caratterizzate da un segno che lo ha reso uno dei grandi testimoni della sua epoca. Le opere sono esposte secondo un percorso che consente l'approfondimento di alcune delle tematiche care all'artista tra cui: l'uso ricorrente della parola sin dalla sua attività come graffitista 'sui generis', quando firmava SAMO i suoi aforismi e le sue brevi poesie sui muri di Downtown e per cui il suo lavoro è stato accostato dalla critica all'arte di Cy Twombly; il forte legame con il mondo della musica; le sue radici afroamericane; la costante ricerca di un'identità nei numerosi autoritratti che svelano fragilità e ambizioni, il desiderio di riconoscimento e la fama travolgente; la scena artistica degli anni '80 e la profonda amicizia con Andy Warhol. L'allestimento delle opere consente ai visitatori della mostra di entrare a far parte di un mondo che oscilla tra infanzia e perdita dell'innocenza, di godere dello slancio vitale che anima il gesto e l'uso del colore, e di comprendere al tempo stesso l'orrore e la sofferenza contenuti nei segni, nelle parole e nelle forme che implodono provocando deflagrazioni e autodistruzione. Tutto ciò attraverso i materiali poveri che Basquiat utilizza fin dalle prime esperienze di street art e che inserisce nelle sue opere ispirandosi al polimaterismo di Dubuffet, stabilendo un legame profondo con il mondo della strada, un ponte tra quella vita da 'refusè' che lui, giovane nero di estrazione borghese, aveva deliberatamente cercato, e la nuova dimensione di agio e fama cui la sua arte e le leggi del mercato dell'arte lo hanno condotto. All'interno del percorso espositivo è stata allestita una sezione fotografica con contributi di alcuni dei più famosi fotografi che hanno documentato la vita e il lavoro di Basquiat, tra cui: Tseng Kwong Chi, Edo Bertoglio, Maripol, Stephen Torton, Lizze Himmel e altri. Inoltre, per rendere partecipi i visitatori del background culturale che ha caratterizzato la creatività dell'artista, Chrysler ha prodotto anche quest'anno un filmato. Questo viene proiettato su grandi schermi nel salone centrale della mostra; il filmato racconta le radici afroamericane e l'influenza che hanno esercitato su Basquiat i miti della 'black culture', dalla musica allo sport alle tematiche sociali, da Charlie Parker a Miles Davis, da Cassius Clay a Sugar Ray Robinson, da Malcom X a Martin Luther King. Evento speciale è la proiezione del film 'Downtown '81', prodotto da Maripol e diretto da Edo Bertoglio in cui Basquiat interpreta se stesso e di cui ha prodotto le musiche. Il film racconta la giornata di un artista underground newyorchese, documentando l'effervescenza culturale e creativa della New York degli anni '80. Le opere selezionate provengono da prestigiose collezioni private americane ed europee e da numerosi musei e istituzioni pubbliche quali: Ludwig Forum di Aachen, Museu d'Art Contemporanei de Barcelona, Musée d'Art Contemporain Marseille, Museum der Moderne Kunst Salzburg, Israel Museum of Jerusalem, Museum of Contemporary Art di Los Angeles, Broad Art Foundation di Santa Monica. In occasione della mostra, Skira edizioni ha pubblicato un catalogo con testi in lingua italiana ed inglese, a cura di Gianni Mercurio. The Jean-Michel Basquiat Show A Milano dal 19/9 al 21/1/2007 La Triennale - Viale Emilio Alemagna 6 ORARIO: 10.30-20.30, chiuso il lunedì INGRESSO: intero € 8,00 ridotto € 6,00 - € 5,00 INFORMAZIONI: tel. 02724341 fax 0289010693 - info@triennale.it - www.triennale.it
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Oct 13, 2006 19:53:17 GMT 1
Post by do on Oct 13, 2006 19:53:17 GMT 1
Hugo Pratt. Corto Maltese - Letteratura disegnata
A Roma fino al 15/10/2006
Il Complesso del Vittoriano dedica a Corto Maltese, noto personaggio del fumettista italiano Hugo Pratt, un'ampia mostra che intende offrire una visione legata all'aspetto più intimo di questa creazione, sottolineando come la scrittura fosse la base di partenza di tutta l'opera di Pratt e il disegno diventasse un'altra calligrafia con la quale integrare le parole scritte.
I luoghi, gli appunti, i particolari meno conosciuti del suo lavoro servono a comprendere meglio i processi che hanno portato alla creazione di pagine memorabili in cui troviamo tutto il suo mondo vissuto, le persone, gli amici, la gente incontrata. Pratt era un narratore nato, uno che con lo stesso carisma poteva raccontare una scena fra un soldato tedesco e uno italiano nel deserto, le storie segrete dei campielli veneziani, i miti e le leggende celtiche o i viaggi di Bougainville nel Pacifico. In mostra, oltre alle tavole storiche e agli acquarelli più significativi, sono esposte opere inedite e le astrazioni pittoriche realizzate tra 1967 e il 1986, rappresentate da tre serie di serigrafie.
La mostra Corto Maltese, Letteratura disegnata si articola in sette sezioni: attraverso i grandi temi delle sue creazioni, il mare, le donne, l'amicizia, la letteratura, la magia, l'avventura, gli addii, è un viaggio nell'arte del fumettista, in quel suo mondo nutrito da migliaia di libri, film, carte geografiche, vecchie illustrazioni, figurine, colori, pennelli, fotografie, appunti scritti ovunque, tracce di storie mai finite, dialoghi, schizzi, strisce che aspettavano di essere disegnate e partivano sempre con lui in una curiosa valigetta che spesso era il suo unico bagaglio. Nell'ambito di un lungo percorso artistico evolutivo, risulta evidente che oltre alla vasta produzione di tavole per i libri a fumetti, l'altra dimensione nella quale l'artista si trova più a suo agio è senz'altro quella dell'acquarello. Veloce da eseguire e facile da trasportare in viaggio, di grande impatto evocativo e libertà interpretativa, possiede le caratteristiche adatte alla personalità grafica, artistica e itinerante di Pratt: l'acquarello gli conveniva, perché è nemico di ogni tecnica di ripensamento, è un'arte della velocità al servizio della contemplazione. Quando tirava fuori la scatola di "Winsor e Newton", un foglio, un pennello, ciò che lo guidava era il desiderio di conservare una traccia, il ricordo di una visione.
La rassegna vuole essere un'esplorazione in un mondo fatto di sogni e di fantasia, perchè come diceva lo stesso Pratt:"Io penso che la fantasia sia un fatto importante, la fantasia è sempre qualcosa di dorato…per andare via anche dal mondo grigio, in cui si deve sempre discutere".
Siamo tutti in debito con Hugo Pratt e Corto Maltese, per quello che ci hanno fatto capire della vita, per tutte le volte che ci hanno fatto sognare, per tutte le avventure che hanno vissuto e tramandato, per tutti i personaggi che hanno incontrato o inventato, per tutte le geografie che hanno attraversato, per il mondo poetico che ci hanno lasciato. (V. Mollica)
La mostra è curata da Vincenzo Mollica e Patrizia Zanotti.
Hugo Pratt. Corto Maltese - Letteratura disegnata A Roma dal 10/9 al 15/10/2006 Complesso del Vittoriano - Via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) ORARIO: dal lunedì al giovedì 9.30-19.30; venerdì e sabato 9.30-23.30; domenica 9.30-20.30 INGRESSO: € 6,00 intero - € 4,00 ridotto INFORMAZIONI: tel. 06/6780664 CATALOGO: Lizard edizioni € 27,00
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Mostre
Oct 13, 2006 20:00:15 GMT 1
Post by do on Oct 13, 2006 20:00:15 GMT 1
A Roma fino al 7/1/2007È un aspetto poco conosciuto dell'arte di Andy Warhol quello che viene indagato nella mostra romana: il legame con la spiritualità e la religione. Attraverso 80 opere su tela, per lo più di grande formato, fotografie e video dagli archivi del Warhol Museum viene ricostruita la complessità umana dell'artista, il quale affronta con il suo lavoro il difficile rapporto che lega vita e morte. L'opera di Andy Warhol che dà il titolo alla mostra, Repent and Sin No More! (Pentiti e non peccare mai più!) fu realizzata nel 1986 nella serie Late Advertising. Due anni prima della sua morte, avvenuta nel febbraio del 1987, Warhol inizia al lavorare a quello che è forse la più complessa opera della sua vita, The Last Supper. Non si tratta tanto di una semplice rivisitazione in chiave pop, o di un confronto in chiave postmoderna del capolavoro di Leonardo, quanto piuttosto del risultato finale di un percorso intimo che ha le sue radici negli anni dell'infanzia e della prima giovinezza. Negli sterminati archivi del Warhol Museum è conservato un libro di preghiere, regalo di sua madre, che raffigura nella prima pagina una minuscola riproduzione dell'Ultima Cena di Leonardo. Nessuna opera è stata studiata e riprodotta da Warhol in centinaia di varianti, tuttora senza numero, quanto The Last Supper: ciò fa di lui l'artista americano in assoluto che ha trattato maggiormente il tema della religione. Replicando innumerevoli volte nei dettagli e nell'insieme lo stesso soggetto, Warhol dà voce in quest'opera alla sua passione religiosa, realizzando il suo personale tributo alla salvezza della propria anima. L'origine rutena (minoranza etnica romena) della famiglia Warhola, costretta ad emigrare dalla Slovacchia, ha non poca influenza sulla formazione religiosa che la madre, in particolare, gli impartì. La religione di appartenenza di Warhol era la religione uniate, cattolica, ma con numerosi riti e una particolare devozione nei confronti dei santi ortodossi. Si scopre allora un Warhol praticante, che si reca a messa spesso, non solo la domenica, e che ben conosce l'infinita varietà di immagini bizantine e gli arredi delle chiese, con una madre che una volta trasferitasi ad abitare da lui a New York crea in casa addirittura un piccolo altare. A fronte di tali premesse dunque, è possibile leggere il lavoro di Andy Warhol come il risultato di un'esistenza intrisa di valori tradizionali legati al culto religioso che interferiscono però pesantemente con il suo essere nella modernità. La mostra presenta la serie di dipinti con le figure "iconiche" dei primi quadri che lo hanno reso celebre, Marilyn, Marlon Brando, Jackie Kennedy rapprersentata nel giorno dei funerali del presidente assassinato, Liz Taylor (che si diceva all'epoca avesse un tumore senza speranza); in alcune opere i ritratti di Marilyn and Jackie appaiono su uno sfondo d'oro (Golden Marilyn e Golden Jackie), perché il fondo oro nelle icone bizantinze è simbolo di eternità. E ancora, la serie dei Disaster del 1963 con le immagini degli incidenti automobilistici e delle vittime tratte dalle pagine dei giornali e "resuscitati" sulle tele nel loro orrore, solo apparentemente tacitato una volta che non è più in prima pagina. Così anche in Tunafish disaster, con allusione al caso delle donne avvelenate da scatolette, Big Electic Chair, strumento moderno di supplizio analogo alla croce, o il lavoro Suicide. La morte del padre rappresenta il primo incontro di Warhol con la morte - il fratello ricorda che "era disperato e non riusciva a guardare la salma" - ma il suo personale memento mori si incarna nella persona di Valerie Solanas, la donna che tentando di ucciderlo lo aveva ferito gravemente con un colpo di pistola. Sono eventi questi che certamente hanno segnato un rapporto già compromesso con la vita e con gli altri e che hanno contribuito ad accentuare in lui il desiderio di distacco dalle persone. La prima serie di lavori dichiaratamente "religiosi" su grande formato sono le opere Crosses (Croci) - presentate per la prima volta insieme ai Guns e Knives nel 1982 - e la serie Eggs (Uova), fortemente allusiva all'emblema dell'immortalità e della resurrezione. Anche negli innumerevoli ritratti di gente ricca e famosa e di belle donne truccate e imbellettate, il tentativo è quello di impedire la corruzione del tempo, trattando i soggetti esattamente come fiori che non devono appassire mai. Di questi ritratti, realizzati a partire dalla metà degli anni '70, venticinque vengono presentati in mostra: tra questi quelli di Truman Capote, Miguel Bose, Jane Fonda, Aretha Franklin, Judy Garland, Liza Minnelli, Keith Haring, Dennis Hopper, Grace Jones, Roy Lichtenstein, Neil Sedaka, Carly Simon, Lana Turner... Anche la scelta di Warhol di riproporre una personale interpretazione di alcuni capolavori dell'arte classica - la Madonna Sistina e l'Annunciazione di Raffaello, la Primavera del Botticelli e San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello - rivela una particolare attenzione ai temi religiosi, ma soprattutto a quanto c'è di immortale nelle opere d'arte dei grandi maestri. La mostra è curata da Gianni Mercurio. Andy Warhol - Pentiti e non peccare più!A Roma dal 28/9 al 7/1/2007 DART - Chiostro del Bramante - Via Della Pace ORARIO: tutti i giorni 10.00-20.00 - sabato 10.00-24.00 - domenica 10.00-20.30 - lunedì chiuso ( la biglietteria chiude un'ora prima). Orarai feste: mercoledì 1/11 10.00-20.00 - venerdì 8/12 10.00-20.00 - domenica 24/12 10.00-17.00 - lunedì 25/12 17.00-22.00 - martedì 26/12 10.00-20.30 - domenica 31/12 10.00-17.00 - lunedì 1/1 10.00-20.30 - sabato 6/1 10.00-24.00 INGRESSO: intero €. 9,00 - ridotto (il martedì escluso i festivi) €. 7,00 - gruppi al di sopra di 20 persone €. 7,00 - scuole €. 4,50 INFORMAZIONI: tel. 0668809035 fax 0668213516 - biglietteria 0668809018 - info@chiostrodelbramante.it - www.chiostrodelbramante.it
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Oct 13, 2006 20:04:49 GMT 1
Post by do on Oct 13, 2006 20:04:49 GMT 1
13 Ottobre 2006 / 7 Gennaio 2007 Paul Klee La collezione BerggruenIl pittore tedesco Paul Klee (1879-1940) è uno dei più amati artisti del XX secolo. Nato in Svizzera, ha studiato a Monaco di Baviera e viaggiato in Italia prima di ritornare a Berna (nel 1902) dove trascorse un lungo periodo di isolamento, studiando il lavoro di Kandinsky ed i suoi amici di Der Blaue Reiter cosi come i cubisti e Delaunay. È a seguito di un viaggio in Tunisia nel 1914 che cominciò a sviluppare uno suo stile proprio di forme astratte e rappresentazione simbolica. Nelle parole di Sabine Rewald (curatore del Metropolitan Museum, New York), “voltando le spalle alla natura, ricavava i suoi soggetti dalla propria immaginazione, dalle sue reazioni al mondo che lo circondava, esperienze del passato intorno a lui, poesia, musica e cose botaniche e scientifiche – in sintesi, un mondo di fantasia, pieno d’ironia, bizzarria, e humor birichino tuttavia intrecciato, soprattutto verso la fine della sua vita, con la melanconia.” Nel 1920 fu invitato ad unirsi ai docenti del Bauhaus, la scuola d’arte rivoluzionaria in Weimar. Così cominciò la decade più prolifica della sua carriera, producendo principalmente acquarelli e disegni piccoli ma squisiti. Non sorprende che una parte dei dipinti eseguiti durante gli anni al Bauhaus si riferiscono agli argomenti dei suoi corsi. La sua preoccupazione con l’interazione dei colori portò ai così detti dipinti a gradazione di colore, impregnati con un movimento andante dal chiaro allo scuro o dal primo piano allo sfondo. Altri lavori sono, contrariamente, più spiritosi, bizzarri o musicali. Nel 1931 lasciò il Bauhaus e ritornò in Svizzera con l’arrivo del regime nazista. Negli ultimi anni della sua vita, gracile ed ammalato, creò un vasto numero di gouaches e disegni illutsranti figure liriche, evanescenti, immaginarie, spesso rappresentanti angeli. Nato a Berlino nel 1914, Heinz Berggruen emigrò negli StatiUnti nel 1936. Dopo la guerra si trasferì a Parigi dove lavorò per l’UNESCO e, nel 1948, prese la decisione determinante di aprire una galleria d’arte sulla rive gauche. La sua lunga carriera è associata al lavoro di artisti quali Picasso, Mirò, Matisse, Juan Gris e molti altri. Ma Paul Klee (che non incontrò mai) occupava un posto speciale tra i suoi affetti e ripetutamente mostrava i suoi lavori, pubblicando cataloghi eleganti per l’occasione. Heinz Berggruen sta collezionando l’opera di Klee dalla metà degli anni 40. Nel 1973, ha donato 13 lavori di Klee al Musée National d’Art Moderne de Paris (oggi Centre George Pompidou), e in seguito 90 opere al Metropolitan Msueum of Art di New York. Un gruppo significativo di opere è anche presente nella collezione del Museo Berggruen di Berlino, museo fondato nel 1996 sotto nell’ambito dello Stiftung Preußischer Kulturbesitz (Soprintendenza del Polo Museale di Berlino). Come omaggio ad una carriera così strettamente associata al lavoro di Klee, l’attuale mostra riunirà lavori dai 3 musei sopra citati così come dalla collezione privata di Heinz Berggruen. Tutti i periodi e supporti sarranno rappresentati in mostra, con particolare enfasi agli anni Bauhaus. La mostra é curata da Olivier Berggruen, figlio minore di Heinz Berggruen. Dopo aver studiato storia dell’arte alla Brown University e al Courtauld Institute di Londra, Olivier Berggruen ha lavorato alla Sotheby’s di Londra, prima di curare numerose mostre museali tra cui: Matisse, Yves Klein e Ed Ruscha. Egli è curatore associato dello Schirn Kunsthalle di Francoforte. Enti organizzatori: Fundación Marcelino Botín Fondazione Memmo Curatore: Olivier Berggruen Curatore associato - Schirn Kunsthalle, Francoforte Sede espositiva: Fondazione Memmo - Palazzo Ruspoli Roma, Via del Corso 418 Allestimento a cura di: Giuliano Spinelli Lighting design: Claudio Zamarion Conferenza Stampa: Palazzo Ruspoli - mercoledì 11 ottobre, ore 12.00 Periodo: venerdì 13 ottobre 2006 – domenica 7 gennaio 2007 Orari: Lunedì - chiuso (eccetto: 25 dic. & 1 gen.) Tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.30 Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 20.30 Ingresso: Intero 9€ Ridotto e gruppi di adulti 7€ Gruppi di scuole 4€ Bambini fino ai sei anni ingresso gratuito Informazioni e prenotazioni di gruppi: Telefono: 06-6874704 Sito internet: www.fondazionememmo.com Ufficio Stampa: Fondazione Memmo – Sveva Fede Cell. 336-693767. Tel. 06-6874704, fax 06-6833674 e-mail: ufficiostampa@palazzoruspoli.it Catalogo: Skira Prestatori: Metropolitan Museum of Art, New York Nationalgalerie - Museum Berggruen, Berlino Centre George Pompidou, Parigi Collezione privata, Parigi
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