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Post by do on Nov 12, 2005 8:22:48 GMT 1
Peter Beard é un eccentrico, quasi un visionario. Attempato e infantile, buffo e serio, sensibile e concreto, spontaneo e disciplinato, entusiasta e saggio, stravagante e riflessivo, sofisticato e rude....pieno di contraddizioni! Un fotografo che, dopo migliaia di interviste, documentari, mostre, non ha perso l'autenticità.
Da un'intervista rilasciata nel 2003: La sua mostra parigina é dedicata soprattutto ai Rolling Stones. Com'é nato il suo rapporto con la band inglese?
Sono un loro fan dal '64. Cantavo I Can't Get No Satisfaction mentre fotografavo coccodrilli ed elefanti in Kenya. Dopo aver completato il mio primo libro, The End of the Game, sui disastri naturali in Africa, stavo per fare un film sull'estinzione degli elefanti con la colonna sonora dei Rolling Stones. Nel '71 il progetto fallì; però mi fu offerto di seguirli in tour negli Usa l'anno dopo, per un film ed un libro. It shall soon be here con foto mie e testi di Truman Capote. Mi imbarcai con Truman sull'aereo della band, col famoso logo a forma di labbra. Diventammo amici e ho dei bellissimi ricordi, come quando facemmo sci nautico nella mia tenuta a Montauk.
Dopo 50 anni di fotografia, la sua passione sembra intatta.
Mi diverto. Per esempio potrebbe venirmi voglia di fotografare mia moglie sulla chaise longue. Le mie immagini sono evidenti, più semplici di così non potrebbero essere. Sono il parassita dei miei soggetti.
Lei é una vera leggenda. Tra le sue opere, di cosa é più fiero?
La fotografia é il cugino povero dell'arte. Di uno scatto si dice: 'Viene fuori da una scatola di immagini?'. E sui dizionari, il fotografo é chi scatta delle foto; anzi, chiunque abbia in mano un apparecchio. C'é solo l'imbarazzo della scelta: l'astronauta che fotografa la Terra dallo spazio, gli uomini del meteo che la riprendono dai loro palloni, un turista all'uscita dall'aeroporto... Provare con immagini! Cos'é il soggetto di una foto? Un incidente sul circuito di Le Mans, ....e vulcani, uragani, gente assassinata, guerre, ritratti storici di Lincoln, di JFK..... Oggi la fotografia é alla ribalta perché é un mezzo perfetto, nella sua capacità di adattarsi a un mondo che va sempre più veloce. Registra la velocità artificiale del tempo. Tecnologia, accesso facile, psicologia, perseveranza, coincidenza, sorte cieca, GENIO VISIVO....La fotografia é tutto questo...
Nella fotografia il processo le interessa più del risultato?
Click, click, é così facile. Il trucco é arrivare a fare senza essere in procinto di fare, lasciando che avvenga. Sorprendere se stessi. Aderisco alla teoria di Picasso:'Se vuoi dipingere un tavolo, dipingi una sedia!'.
Che cosa continua a ispirarla?
La logica paradossale di Duchamp: 'Chiudi gli occhi e canta' Trovare qualcosa che faccia sparire i filtri, apra le porte, dia un po' di brivido, come se gli dei fossero al mio fianco. Il vero artista, diceva Van Gogh, dipinge le cose non come sono ma come lui le sente.
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Post by do on Nov 24, 2005 14:16:18 GMT 1
John A. Day é conosciuto come Mr. Cloudman. Le nuvole sono la sua passione fin da quando era bambino e a ottant'anni non ha ancora smesso di stupirsii, tanto che della sua mania ha fatto un maestiere. Laureato in fisica delle nuvole, oltre che professore universitario della stessa materia, é divenuto consulente per diverse industrie aeronautiche analizzando l'impatto delle nuvole sul volo degli aerei. Dal suo passatempo, fotografare ogni tipo di nuvola, é nato "The Book of Clouds", uscito nel 2003 negli Usa per Silver Lining Books.
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Post by do on Nov 29, 2005 21:03:30 GMT 1
Non un thingytail bar né uno spazio espositivo classico, ma una pregevole mescolanza di entrambi. Così il fotografo Roberto Risoni ha concepito il suo “The phographers-Art & Coffee”, location multifunzionale a Milano. Opere di giovani talenti e fotografi affermati sono esposte per una collettiva in rapido turnover. “Proponiamo un’alternativa al concetto classico di galleria” dice Risoni. “Gli emergenti hanno l’occasione di esporre con artisti noti. Quindi incontrarli, farsi notare. Lo scopo è creare un network di stimoli creativi”. Un corridoio defilato ospita monografie: fino al 17 gennaio in mostra “About us”, venti scatti dell’emergente Simone Perolari che ha ritratto alcuni tra i più noti fotografi come Mario De Biasi, Mario Cresci, Ferdinando Scianna, reinterpretandone stile e tecniche. Ma Photographers è soprattutto un luogo per vivere la fotografia “in modo conviviale”. Seminari e workshop mirano a coinvolgere appassionati e curiosi “a caccia di tendenze e sinergie”.
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Post by do on Nov 30, 2005 1:01:36 GMT 1
Inaugurata a Milano la mostra del tedesco Schoeller. Il titolo è 'Close Up', termine che indica il restringimento massimo del campo visivo fotografico. 40 ritratti, da Angelina Jolie a Bill Clinton.
Milano, 22 novembre 2005 - Da Bill Clinton a Jack Nicholson a tanti altri personaggi dello spettacolo e sport: sono i protagonisti dei ritratti fotografici che il tedesco Martin Schoeller presenta in una mostra inaugurata oggi presso 'Forma', Centro Internazionale di Fotografia, dove rimarrà fino all'8 gennaio.
Il titolo della rassegna è 'close up', che in gergo indica il restringimento massimo del campo visivo fotografico. I 40 ritratti che Schoeller presenta sono infatti caratterizzati dal volto che occupa tutto lo spazio.
Martin Schoeller ha iniziato la sua carriera in Germania, formandosi nel solco della tradizione fotografica del suo Paese: i ritratti di August Sander, la scuola concreta dei Becher, la necessità di una fotografia basata sulla chiarezza della visione. Nel 1993 è quindi partito per gli Stati Uniti, dove ha lavorato come assistente di Annie Leibovitz, iniziando a realizzare ritratti.
I suoi lavori sono apparsi inizialmente sul settimanale The New Yorker, che ha lo scelto per realizzare i ritratti dei protagonisti della vita internazionale. In seguito si sono aggiunte altre importanti riviste, come Vogue, Newsweek, Rolling Stone, Interview. Nel 1998 è arrivato per Schoeller il primo riconoscimento dall'American Photography, seguito dal Communication Arts e nel 1999 ha quindi ricevuto il premio Alfred Eisenstead Award for Best New Talent.
Di fronte all'obiettivo di Schoeller sono sfilate numerose celebrità. In questa mostra visono anche i ritratti degli attori Angeline Jolie, Brad Pitt, Christopher Walken, Adrian Brody, dei cantanti Prince, Sting, Marilyn Manson, Eminem, Britney Spears, del creatore della CnnTed Turner, del ciclista Lance Armstrong, del tennista Andre Agassi ed anche di persone sconosciute, come il reduce della guerra in Iraq Joseph Mosner.
Ogni ritratto possiede una notevole forza nel rivelare il soggetto. Ognuno è ripreso in piano ravvicinato e l'obiettivo sembra contenere a stento i volti, le espressioni, le diverse personalita'. Nel suo modo apparentemente impietoso di non nascondere nulla, nè una ruga, nè unapiega del volto, nè un occhio gonfio di lacrime, Schoeller sa restituire di ogni personaggio una dimensione di realtà.
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Post by do on Jan 20, 2006 20:41:28 GMT 1
ORE 18.30 26 GENNAIO 2006: FERDINANDO SCIANNA INCONTRA EDOARDO BONCINELLI
ORE 18 : 16 FEBBRAIO 2006: FERDINANDO SCIANNA INCONTRA SERGIO ROMANO
Gli incontri si terranno presso FORMA piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano
prenotazione obbligatoria posti limitati: info@formafoto.it ingresso gratuito
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Post by do on Mar 7, 2006 8:53:36 GMT 1
Questo è il titolo della mostra fotografica allestita alla Collezione Guggenheim di Venezia con più di 150 scatti che hanno immortalato protagonisti delle Biennali come Ricasso, Matisse, Guttuso, Lèger, Fontana, De Dominicis, Chagall, ... Fino al 21 maggio. www.guggenheim-venice.it
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Post by do on Apr 7, 2006 20:48:19 GMT 1
Immagini inedite propongono una particolare visione dall’alto di New York e di alcune capitali europee.
Studio Guenzani, Via Eustachi 10, Milano Fino al 31 maggio
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Post by do on Apr 7, 2006 20:49:32 GMT 1
Una selezione di rare Polaroid a tema erotico eseguite da Araki, Mapplethorpe, Newton, Warhol e Mollino.
Galleria Photology, Via della Moscova, 25, Milano Fino al 2 giugno
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Post by do on Apr 7, 2006 20:50:27 GMT 1
“Sex and Landscape” è la mostra dedicata a questo grande della fotografia.
Palazzo Reale, Milano Fino al 4 giugno
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Post by do on Apr 8, 2006 15:05:49 GMT 1
“Splash water for Life” è un’iniziativa promossa da IB Rubinetterie in collaborazione con Amref (African Medical and Research Foundation) per raccogliere fondi per la costruzione di un pozzo in una delle zone più aride dell’Africa. Fotografi come Fabrizio Ferri, Mike Goldwater, Saro di Bartolo e Tim Fitzharris hanno messo in mostra 20 grandi scatti, immersi in un grande gioco di colori, suoni e luci.
Fino al 10 aprile all’Emporio 31 in via Tortona 31 a Milano
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Post by do on Apr 8, 2006 15:06:39 GMT 1
E’ la prima mostra fotografica del leader dei Velvet. E’ una visione intima che l’artista ha della Grande Mela, un racconto di una città che diventa quasi intangibile tra panorami e atmosfere sospese.
Fino al 9 aprile al Palazzo delle Arti a Napoli.
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Post by do on Jul 17, 2006 20:17:32 GMT 1
Sereno, concentrato, divertito. E’ l’artista nel suo studio, è il volto di Michelangelo Pistoletto, di Salvador Dalì fotografato per “Epoca” nel 1976, di Arnaldo Pomodoro, di Gianni Versace. Di Andy Warhol, sorpreso mentre si affaccia al balcone dinnanzi al golfo di Napoli, rimane un’immagine colta al volo, in un concitato momento. Ottavio Missoni è circondato dai suoi colori, in una visione che rappresenta il suo modo d’essere. Fotografo attento al ritratto ambientato, Nino Lo Duca, sin dagli esordi degli anni Sessanta, ha frequentato gli studi degli artisti internazionali interessato a descrivere, oltre alla figura, i “luoghi del fare”, come lo studio e il laboratorio, e a consegnare un’immagine di valore documentale, oltre che di ricerca. Sono 50 i ritratti di artisti e di stilisti famosi accolti all’interno del concepì store “La tessitura” di Mantero Seta a Como: una significativa raccolta della quarantennale opera d’indagine del fotografo napoletano. Particolari sono gli scatti dedicati ad Enrico Baj, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, che hanno utilizzato il medium tessile come materia espressiva.
Nino Lo Duca “Arte e fotografia” “La tessitura” Mantero Seta, Como, Viale Roosevelt 2a Orario: 10-20 da martedì a domenica Ingresso libero Fino al 1°Ottobre
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Post by do on Jul 17, 2006 20:21:25 GMT 1
Martine Franck, per 30 anni moglie di Henri Cartier-Bresson è una primadonna dell’immagine. Da poco celebrata nella mostra romana “I Tulkus del Tibet. La reincarnazione dei grandi Lama:” alla Sala Santa Rita, Martine racconta perché c’è così tanto in comune tra la passione della sua vita e il buddismo.
“C’è un rapporto tra il buddismo e la fotografia. Il modo in cui i seguaci zen tirano l’arco è uguale all’istante in cui si deve fare lo scatto, quello che mio marito chiamava il “momento decisivo” : bisogna dimenticare se stessi. Un arciere, come il fotografo, punta quasi senza pensare, centrando il bersaglio. E poi è simile il modo di tirar fuori la propria creatività”. Martine Franck è una fotografa celebre che ha lavorato per Life, Sport Illustrated, New York Times, suo marito, Henri Cartier-Bresson, scomparso nell’agosto scorso, è stato il gigante che ha inventato il reportage fotografico. Martine è diventata buddista negli anni Novanta: “Lo considero un modo di vivere, se poi in Occidente è sinonimo di uno stile trendy, mi dispiace. Il buddismo non ha cambiato il mio modo di fotografare, ha cambiato il mio modo di vedere il mondo, la mia mentalità.” Col marito ha incontrato diverse volte il Dalai Lama: “Parlavamo del modo di educare i giovani.” La leggendaria riservatezza del marito, il tono sfuggente si ritrovano in lei. Si erano conosciuti alla Magnum, la leggendaria agenzia fotografica di cui Martine è una delle 4 donne diventate membro effettivo. Cartier-Bresson ha ritratto in bianco e nero i grandi della Terra. Nessuno, però, poteva ritrarre lui, l’uomo invisibile che ha mostrato il Novecento senza mostrarsi. Si comportava, annotò Le Monde, “come certi imperatori giapponesi che non potevano essere guardati”. Ha fatto una solo eccezione: per sua moglie. In quello scatto lui si riflette in uno specchio per osservare il suo volto e ritrarsi, in una sorte di riflessi dell’anima. “Per dieci anni quella foto è rimasta nell’archivio della Magnum. Il nostro amico Ferdinando Scianna riuscì a convincere Henri a pubblicarla. Non voleva essere riconosciuto, non ha mai accettato di andare in tv. Ci mostravamo le nostre foto, i provini, ci limitavamo a quello, non mi dava consigli. Mi diceva spesso: “Adoro scattare, ma subito dopo per me il piacere è finito, concluso”. Un giorno doveva fotografare Simone de Beauvoir. La signora era impaziente: “Quanto tempo ci vuole?” E lui:”Un po’ di più di un dentista ma un po’ di meno dello psicoanalista.” “ Mio marito mi diceva che fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore; è il riconoscimento istantaneo, in una frazione di secondo, del significato di un fatto e dell’organizzazione rigorosa delle forme visive che esprimono quel fatto.” Non c’é mai nelle sue foto, un velo di indiscrezione, il pudore dello sguardo è la sua grande lezione. Nel nome del marito, Martine con la figlia Melanine ha dato vita alla fondazione Cartier-Bresson, che ha gli originali delle sue foto, e ha istituito un premio che porta il suo nome.
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Post by do on Oct 10, 2006 18:19:32 GMT 1
fino al 19.XI.2006 FORMA, Centro Internazionale di Fotografia, Piazza Tito Lucrezio Caro 1 (Milano – Zona Navigli) - info@formafoto.it - www.formafoto.it orario: tutti i giorni dalle 11 alle 21 - giovedì dalle 11 alle 23 - chiuso il lunedì Nel 1973 Martin Parr si diploma in fotografia. Il suo progetto di tesi è Home Sweet Home. Ricrea una tipica stanza della middle class britannica: alle pareti una povera carta da parati con motivi floreali e delle piccole cornici in plastica a dir poco kitsch. Poi un caminetto finto a rendere ancora più squallido l’ambiente e un profumo scadente a suggellare il tutto. Da qui ha inizio la ricerca del fotografo inglese, portata avanti fino ad oggi, sulla classe media, sui gusti medi e sugli atteggiamenti medi di ognuno di noi. Dove ogni posa è insindacabilmente low profile e ogni oggetto è necessariamente cheap. Lo sguardo di questi primi anni è discreto, erede del reportage sociale del dopoguerra ma già connotato da un sottile umorismo, spesso tipicamente british. Qualcosa di Bill Brandt certo, ma anche molto di Robert Frank e Gary Winogrand. Poi arriva il colore. Le note indagini di Stephen Shore e William Eggleston. Anche le immagini di Martin Parr si vestono di colori sgargianti, irriverenti, sempre estremamente eloquenti. Colori spesso forti, saturi, che connotano puntualmente il mondo del consumo, del superfluo appetibile e del prodotto in vetrina. Un turismo di massa comico e divertente dove tutti fanno le stesse cose e vedono le stesse cose. Il curatore Val Williams ha mirabilmente ordinato nello stesso spazio non solo trentacinque anni di lavoro di Parr, ma in primo luogo trentacinque anni di storia dell’umanità analizzata e indagata esattamente per quello che è: assolutamente normale e proprio per questo comicamente inquietante. The Last Resort (1983-1986) ritrae con ironia e lucidità “l’ultima spiaggia” di New Brighton in cui realtà e metafora diventano la medesima cosa. Una spiaggia che in realtà esiste poco, sotto colate di cemento e corpi sfatti che si affollano in mezzo ai detriti. La gente annoiata di The Cost of Living (1989) e il mobilio kistch di Signs of the Times (1991) sono solo alcuni dei soggetti di Parr, che ostinatamente ritrae la vita comune e la gente comune con tutti i suoi tic e le sue manie. Luoghi comuni fatti e finiti e stereotipi imbarazzanti. Talvolta non siamo nient’altro che questo. Poco male, se si riesce a sorriderne e a sapersi osservare con lo stesso sguardo disincantato di Martin Parr. Lo dimostra la celebre serie Common Sense (1999), pensata come un’installazione di centinaia di fotocopie dai colori accesi che ammassano in un unico ambiente tutti i “sintomi” dell’umanità. Close up imbarazzanti che urlano realtà, la nostra realtà. Le babbucce rosa di peluche, le unghie finte e un sorriso altrettanto finto da pubblicità, un mastodontico milkshake, un barboncino rosa e una bambola gonfiabile che scoppia nella sua confezione, dolci alla crema, polli allo spiedo, hot dog e vibratori. Siamo fatti così? Un senso comune agghiacciante.
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Post by do on Oct 10, 2006 18:36:47 GMT 1
Affermato fotografo-artista dell’ultima generazione, Armin Linke parla della sua poetica e della fotografia, della sua storia, delle sue attitudini. E parla del suo nuovo progetto: consentire ai visitatori del suo sito di auto-stamparsi un libro con le foto...
Quando hai iniziato a fotografare e quali sono stati i tuoi primi soggetti? A 14 anni. Un Hoovercraft a Ostende, alberi nella neve in Germania, la stazione Garibaldi a Milano, delle piante…
Fotografi soggetti diversissimi. Dal paesaggio al ritratto fino agli interni. C'è un filo logico in tutto questo? Il filo consiste in un aspetto antropologico: 1) l'uomo nello spazio in cui agisce 2) come lo spazio agisce sull'uomo 3) le modifiche che risultano da queste azioni.
Vedo le tue foto come una “continuazione monumentale” di quanto faceva poco prima di te il fotografo Walter Niedermayr. Che ne pensi? La monumentalità è intrinseca alla fotografia sin dalla sua nascita. Non mi interessa il lato celebrativo, o forse mi interessa proprio per poter mettere a nudo, svelare e prendere coscienza dei sistemi che usano la monumentalità per celebrare. Forse mi interessa la dissoluzione della monumentalità.
Alla Biennale di Venezia hai esposto il progetto book on demand. Di che si tratta? book on demand permette di comporre dal mio sito un proprio libro scegliendo 16 tra più di 5000 immagini, componendole in un layout.
A livello pratico? Come viene stampato? E la distribuzione? Pagando le semplici spese vive il libro viene recapitato in tre settimane stampato con un nuovo sistema digitale offset in copia unica. Un multiplo personalizzato. vorrei cercare di mettere a disposizione le immagini permettendo una interazione con il pubblico, creando un nuovo micro-sistema di distribuzione aperto saltando il sistema delle case editrici, analizzare quali criteri vengono utilizzati per scegliere e comporre le immagini e le sequenze, un esperimento anche per mettere alla prova se tutta questa massa di immagini abbia un senso o se nuovi sensi e significati possono nascere dal montaggio e dal cortocircuito di nuovi gruppi di immagini.
Come sei riuscito a realizzare un progetto cosi complesso? Al progetto hanno collaborato tre assistenti, tre programmatori di software, due grafici, un editore specializzato in edizioni d'arte contemporanea (a&mbookstore di Milano), un ditta italiana (graphistudio) che ha sviluppato un nuovo sistema per stampare libri con una nuova tecnologia digitale, gli architetti Herzog e De Meuron che hanno disegnato un sistema espositivo per la Biennale di Venezia, una specie di bancone da laboratorio di consultazione.
Insomma un progetto interattivo e di grande collaborazione? Sì. E anche un modo per collaborare in gruppo e cercare di pensare come le fotografie possano essere usate in nuovi modi. E’ la continuazione di altri sistemi di interazione che ho presentato per altri eventi, mostre, biennali...
Riesci a raccontarli brevemente? 180.000 cartoline regalate nella mostre Al'Arc a Parigi e alla Biennale di Architettura nel 2002, le grandi ruote alla mostra alla Triennale lo scorso anno disegnate dal gruppo di architetti Stalker dove a ogni ruota corrispondeva un percorso fotografico: per vedere le immagini bisognava spingere fisicamente le ruote nello spazio come dei giganteschi rollodex. Un modellino di paesaggio -bunker- teatro con dei monitor nascosti dove il pubblico deve vedere le immagini come in un peep show guardando dei monitor da delle fessure del paesaggio (idea della perdita di scala) per la biennale di Sao Paulo, dei libri giganti formato giornale A1 appoggiati su un tavolo con stampe originali rilegate, anche qui il gioco fisico e la sorpresa della sequenza della interazione fisica tra una immagine e l'altra e delle immagini con lo spettatore sono dei livelli aggiuntivi. Non vedere le fotografie come fotografie ma come un sistema. In tutti questi sistemi c'è anche l'aspetto del gioco con la sequenza, il montaggio, la componente delle spazio e del tempo. Ora con il video e il cinema mi interesserebbe poter aggiungere il suono e il rumore alle immagini.
Parliamo del mercato della fotografia. Come siamo messi in Italia? Ci sono differenze con gli altri paesi? Non trovo differenze sostanziali. Cerco comunque di lavorare su canali paralleli e trovare sistemi distributivi più aperti. Anche se, quando inizio un nuovo progetto, non cerco di farmi condizionare da come verrà distribuito perché ciò potrebbe influenzare il tipo di immagini che faccio. Solo così le immagini potrebbero avere il potenziale per cambiare il sistema di distribuzione. Questo vale anche per i video e per i lavori in pellicola super16mm ai quali sto lavorando ultimamente.
Concludiamo. Perché hai scelto la fotografia per esprimerti? Per avere l'illusione di poter cambiare la realtà. Rappresentandola.
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